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Sofia Macchi, Allieva del secondo anno, studentessa del corso di laurea in Scienze della Mediazione Interlinguistica e Interculturale dell’Università degli Studi dell’Insubria

Danzare è come dipingere lo spazio con il proprio movimento”

Questa è una frase scritta su un cartellone appeso in camera mia. Fin dall’età di otto anni la mia quotidianità era rappresentata da una sala di danza, ballare è sempre stato ciò che più mi rappresentava ma ad un certo punto, circa due anni fa, la danza non mi bastava più. Avevo bisogno di una nuova sfida, di mettermi alla prova.

Grazie a mia cugina mi sono avvicinata al mondo dell’equitazione, il quale mi aveva sempre fatto paura: ho sempre avuto timore di quei grandi animali muscolosi. È stata la prima volta in cui sono andata oltre i miei limiti facendo qualcosa che mi spaventava. Tuttavia sentivo che le scuderie non erano il mio mondo, perciò ho deciso di riavvicinarmi alla danza, ma avevo comunque bisogno di una sfida, e quale sfida migliore se non danzare in aria?

Quando ero piccola, mio zio ha frequentato una scuola di circo grazie alla quale è diventato un artista di strada. Essendo sempre stata in contatto con quel mondo, ne sono sempre stata attratta ma, allo stesso tempo, ne ero intimorita. Siete mai stati al circo? O avete mai visto uno spettacolo di arte di strada? Quello che fanno sembra sempre pericoloso e complicato!

Tuttavia, ormai sono cresciuta e le esperienze che ho vissuto mi hanno cambiata profondamente; per questo motivo l’anno scorso ho iniziato a praticare acrobatica aerea in una palestra vicino a casa. Quando pronuncio le parole “acrobatica aerea” la gente mi guarda con una faccia stupita e dalla loro espressione capisco che non hanno idea di che cosa io stia parlando! Eppure è molto semplice, si tratta solamente di danzare nell’aria, utilizzando diversi attrezzi che possono essere i tessuti, il cerchio, il trapezio… per ora ho sperimentato solo i primi due.

Naturalmente i tessuti sono quelli che mi spaventano maggiormente: pensate di dovervi arrampicare fino ad un’altezza di sei metri utilizzando unicamente la vostra forza fisica! E non si tratta solo di raggiungere la cima, una volta arrivata lassù devo utilizzare la mia forza per appendermi (quasi sempre a testa in giù), annodarmi il tessuto intorno al corpo e poi… lasciarmi andare, precipitando nel vuoto (ovviamente con una certa grazia e una certa eleganza!!).

Ogni volta che mi ritrovo sospesa a sei metri di altezza e le mie mani stringono il tessuto con tutta la forza che hanno, mentre le mie gambe tremano, penso “ma chi me l’ha fatto fare?”. Poi però, cerco di concentrarmi sui movimenti da compiere, prendo un respiro profondo e penso “ce la puoi fare Sofia”.